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Doni, Anton Francesco – Tre libri di lettere del Doni. E i termini della lingua Toscana – Venezia, Francesco Marcolini, 1552

2.800,00 

Edizione completa in tre libri del più celebre epistolario cinquecentesco di Anton Francesco Doni, figura atipica e poliedrica della letteratura rinascimentale italiana. L’opera, censurata e messa all’Indice per le sue venature satiriche e libertine, unisce brio narrativo e riflessione linguistica, culminando nei “Termini della lingua Toscana”. Legatura coeva elegante, ottimo stato di conservazione.

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Doni, Anton Francesco

Tre libri di lettere del Doni. E i termini della lingua Toscana
Venezia, Francesco Marcolini, 1552

Descrizione bibliografica

Volume in formato cm 15,5 × 10,5; pagine (n.n. 16), 405, (ma 391 invece che 395 come riscontrato in altri esemplari), sembrano quindi mancare 2 carte appartenenti ai sonetti scambiati dal Doni con i suoi corrispondenti. L’opera si presenta con marca tipografica di Francesco Marcolini al frontespizio, una seconda variante della marca all’inizio del terzo libro, e un dispositivo tipografico conclusivo (ancora con altra variante) al termine del volume. La dedica è rivolta a Costanza Vitelli Baglioni, nobile perugina legata a una delle più influenti casate dell’Italia centrale, a cui Doni associa un emblema araldico rappresentante i bracci in legno della famiglia.

Questa edizione è generalmente considerata la prima in cui compaiono riuniti tutti e tre i libri di lettere del Doni, e presenta una fisionomia propria rispetto alle precedenti emissioni parziali (una raccolta in due libri, priva dei “Termini”, circolava già nel 1550). Il confronto con le edizioni precedenti rivela numerose omissioni e aggiunte, tra cui lettere inedite e una diversa organizzazione interna. presente al frontespizio timbro di possesso non identificato.

Elegante legatura piuttosto antica in piena pergamena rigida, con dorso a cinque nervi e tassello con cornice e titoli dorati, in ottimo stato conservativo.

Contenuto e struttura dell’opera

L’opera si articola in tre libri di lettere:

Libro I – Lettere private, letterarie e affettive (66 lettere)

Il primo libro raccoglie lettere inviate a destinatari di varia estrazione, inclusi amici, intellettuali, mecenati e uomini d’arme. Il tono è prevalentemente familiare e colloquiale, ma non mancano riflessioni metalinguistiche e riferimenti all’attualità. Emergono anche passaggi ironici e parodici, cifra stilistica del Doni. La dedica iniziale a Lodovico Domenichi delinea l’intento dell’autore: nobilitare la lingua volgare attraverso la forma epistolare.

Libro II – Lettere morali, burlesche e polemiche (62 lettere)

Qui Doni dà pieno spazio alla sua vena satirica: scrive in tono giocoso, grottesco, a volte con intenti esplicitamente dissacranti. Le lettere diventano strumenti di critica dei costumi, della pedanteria accademica e della decadenza morale. Appaiono allusioni e invettive contro personaggi reali, e sono frequenti le figure retoriche e i giochi di parole. Questo libro segna un punto di contatto tra epistolografia, pamphlet e teatro comico.

Libro III – Lettere colte e glossario dei “Termini della lingua Toscana” (circa 52 lettere)

Compendia il resto dei testi epistolari e include in appendice i “Termini della lingua Toscana”: un glossario di parole, locuzioni dialettali, stilemi populistici ed espressioni regionali. L’autore mira a fissare un lessico “popolare” come parte integrante della lingua fiorentina, all’interno del dibattito sul volgare (cfr. “Lettere di moral filosofia” e contesto linguistico toscano). Fu questa sezione che lo rese interessante per i filologi moderni.

🔹 In totale, i tre libri contengono circa 180 lettere, che spaziano dallo stile confidenziale all’erudito, dal satirico al morale, integrati da un glossario linguistico che rappresenta una delle prime tessiture di lessico toscano codificato.

🏛️   Rilevanza storica e letteraria

Anton Francesco Doni (1513–1574) fu uno degli intellettuali più eccentrici e originali del suo tempo: letterato, polemista, musicista, autore di dialoghi e opere allegoriche, fu a lungo associato all’Accademia degli Ortolani e successivamente fondatore dell’Accademia Pellegrina. I suoi epistolari sono specchio dell’umanesimo volgare non accademico, lontano dalla retorica cortigiana e più vicino alla polifonia sociale e linguistica della penisola.

La sua lingua mescola toscanismi, neologismi, parole “basse” e colte, in uno stile dinamico e anticonformista. Le lettere costituiscono un esempio precoce di autobiografia indiretta, un autoritratto intellettuale che si costruisce nella relazione con gli altri.

📜 Censura e messa all’Indice

La forte carica satirica e libertina, unita alla tendenza dissacratoria di molte lettere (soprattutto nel secondo libro), fece sì che l’opera venisse messa all’Indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica. Già nella prima edizione dell’Indice del 1559, redatto sotto Paolo IV e poi riveduto sotto Pio IV, il nome di Doni appare tra gli autori esplicitamente condannati. In particolare, le lettere contenevano allusioni politiche, beffe ad ecclesiastici, commenti sulla corruzione del clero, e forme di linguaggio ritenute sconvenienti o licenziose.

Nei successivi Indici, anche dopo le revisioni tridentine, l’interdizione fu mantenuta e in alcuni casi circoscritta ad alcune opere epistolari e satiriche. Questo contribuì a rendere il Doni un autore “di culto” tra collezionisti e lettori eruditi, attirando nel tempo l’interesse di bibliofili, filologi e linguisti.

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